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      - Quanto per me si possa io sono a pregarvi, miei buoni signori, che non isturbiate la concione che voglio ora farvi, sinché essa non vi dispiaccia o non vi annoi: che se ciò avvenisse, al più piccolo motto che voi farete, porrò alla mia bocca il sigillo e s'infrenerà la mia lingua.»
      Lo eccitarono tutti a dire ciò che gli tornasse più in grado, assicurandolo che ben volentieri starebbero ad ascoltarlo. Ottenuta quest'approvazione, continuo così:
      - Io, miei signori, sono cavaliere errante, il cui esercizio si è il trattare le armi; e la mia professione si manifesta nel dare favore a quelli cui rendesi indispensabile, e nel soccorrere chi trovasi in necessità. Seppi, or sono vari giorni, la disgrazia vostra e la cagione che adesso vi muove alla zuffa per vendicarvi dei vostri nemici. Ho più e più volte fatto meco stesso ragionamento intorno alle vostre discordie, e trovo, secondo che trattano le leggi del duello, che voi andate errati nel tenervi offesi, mentre un intiero popolo non può dirsi affrontato da un solo individuo, quando un tale popolo tutto unito non venga accusato di fellonia, per potere sapere a quale individuo in ispecialità si possa applicare l'accusa. Ne abbiamo un esempio in Diego Ordognez di Lara, il quale accusò tutta la gente zamorana, perché ignorava che il solo Veglido Dolfo si fosse fatto reo di tradimento nella uccisione del suo re; quindi estese su tutti l'accusa, e ad ognuno restava diritto alla vendetta e alla rappresaglia. Egli è ben vero che si lasciò trasportare soverchiamente don Diego, e che ha ecceduto i limiti di un'accusa, perché non facea mestieri ch'egli incolpasse i morti e le acque e le biade e i nascituri ed altre minuzie che si trovano registrate.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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