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      Stavale accanto altra figura vestita di zimarra, di quelle lunghe e strascinanti fino ai piedi, e coperta il capo di nero velo.
      All'istante in cui arrivò il carro dirimpetto ai duchi e a don Chisciotte, cessò la musica dei pifferi e subito dopo quella delle arpe e dei flauti; ed alzatasi la figura dalla zimarra lasciatala sciolta dai due lati, ed indi toltosi il velo dalla faccia, scoprì patentemente ch'era la figura della morte scarnata e brutta: figura che dispiacque assai a don Chisciotte, che infuse spavento in Sancio, e che lasciò fingere anche nei duchi un senso di vero timore. Rizzatasi questa Morte viva, con voce come sonnolenta, e con lingua non molto sciolta, in questa guisa si espresse:
     
      «I' son Merlin ch'ebbe a padre il diavolo,
      (Se non menton l'istorie: e se pur mentono,
      Degli anni il corso accreditò la favola)
      Sommo della magia monarca e principe,
      Archivista del senno zoroastrico,
      Rival del tempo e degl'ingordi secoli,
      Che l'alte geste d'oscurar procaccianoDe' cavalieri erranti, razza intrepida.
      Per la qual proprio mi disfaccio in zucchero.
     
      E benché ne' stregoni e ne' maleficiE ne' seguaci lor perversa l'indole
      Appaia sempre e il cuor crudele e perfido,
      Io però dolce son, soave, affabile,
      E a tutti cerco riuscir benefico.
     
      Mentre là negli oscuri spechi d'Erebo
      Stommi con l'alma assorta, e tutto m'applicoIn formar certi rombi e arcane cifere,
      Ratto mi giunse della bella ed unica
      Dulcinea del Toboso il mesto gemito.
      Seppi la sua sventura e l'incantesimo,
      Che di dama gentil cambiolla in zotica


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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