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      Dovrebbero considerare, questi sconsolati signori, che non solamente ora dimandano che si frusti uno scudiere, ma un governatore, e che questo non è mica bere un bicchiere di vino di visciole. Imparino, imparino, in loro malora, a saper pregare, a saper domandare e ad avere creanza: che i momenti non sono uguali, né gli uomini si trovano sempre di buon umore. Io sono qua coll'anima tutta amareggiata per vedere in brani il mio vestito verde, e vengono a dimandarmi che mi frusti di quella piena volontà che non ho e non avrò mai!
      - In verità, amico Sancio, disse il duca, che se non v'intenerirete più che fico maturo, non arriverete mai a mettere le mani sulle redini d'un governo. Sarebbe egli giusto che io mandassi ai miei isolani un governatore di animo crudele, di viscere pietrine, che non si commuove al pianto delle sconsolate donzelle, né ai prieghi dei discreti, imperiosi ed antichi incantatori e savi? In sostanza, mio Sancio, o dovete frustarvi o dovete lasciarvi frustare; senza di ciò non diventerete mai governatore.
      - Signor mio, ripigliò Sancio, non mi si potrebbe dare due giorni di termine per pensar al mio meglio?
      - No, in verun modo disse Merlino: questo è affare che va deciso subito, in questo istante e in questo luogo medesimo: o Dulcinea tornerà alla grotta di Montésino, ed al suo pristino stato di villana, oppure sarà portata, nella forma nella quale ora sta, ai Campi Elisi, ed ivi starà attendendo che compiasi l'intera flagellazione.
      - Or via, Sancio buono, disse la duchessa, buon animo e buona corrispondenza al pane che vi ha dato a mangiare il vostro signor don Chisciotte, cui noi tutti dobbiamo servire e piacere per le sue eccellenti qualità e per le sue esimie cavallerie: pronunziate il sì, figliuol mio, di questa frustatura; si sperda il diavolo e muoia la viltà, ché forte cuore, come voi ben sapete, scaccia la mala ventura.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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