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      Se piacesse alla signoria vostra di darmi un tantino di cielo, se pure non si estendesse che a sola mezza lega, lo piglierei più volentieri della più grand'isola del mondo.»
      - Considerate, amico Sancio, rispose il duca, ch'io non potrei dare ad alcuno parte del cielo, nemmanco quanto è grande un'ugna: che solo a Dio sono riserbate queste grazie e mercedi. Quello ch'è in poter mio di darvi, e che vi do, egli è un'isola grande e grossa, e tonda e bene proporzionata e molto fertile ed abbondante, dove se terrete giudiziosa condotta, sarete al caso d'acquistare con le ricchezze della terra, anche quelle del cielo.
      - Venga dunque in nome del Signore quest'isola, rispose Sancio, ché io mi affaticherò per diventar siffatto governatore, che a dispetto dei tristi mi guadagnerò anche il cielo: e accetterò questo incarico, non mica per la smania di trarmi fuori da questi stracci, né per montare in superbia, ma perché mi piacerà di provare che sapore abbia l'essere governatore.
      - Una volta che lo proviate, disse il duca, ve ne leccherete le dita, perché è cosa dolcissima il comandare e l'essere obbedito. Scommetterei ogni gran cosa che quando giungerà il vostro padrone ad essere imperadore (che ci arriverà senza dubbio, proseguendo di questo tenore le cose sue), non gli sbarberanno più di mano quel seggio, e che gli dorrà e rincrescerà sino in mezzo al cuore del tempo perduto e di non esserlo stato prima.
      - Signore, replicò Sancio, vado anch'io figurandomi ch'è buona cosa il comandare, quand'anche non fosse che a un branco di porci.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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