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      Attesero dunque la notte con molto contento, e sopravvenne sì presto come presto era comparso il giorno, il quale fu speso dai duchi in gustosi discorsi con don Chisciotte.
      La duchessa immaginò, e veramente e realmente spedì durante il giorno quel suo paggio che rappresentata aveva nel bosco la figura incantata di Dulcinea, a Teresa Pancia con la lettera di Sancio suo marito, e col fagotto dei panni che aveva lasciato da recarle: e incaricò il messaggere di essere attento nel riportare la relazione di ciò che fosse accaduto con essa.
      Intanto era passata la giornata non solo, ma erano sopraggiunte le undici della notte, quando don Chisciotte trovò il liuto in camera sua. Egli lo accordò: aprì la finestra, sentì gente a camminare in giardino, e fatta una ricercata per i tasti dello strumento, e ridottolo in tono il meglio che seppe, spurgossi, sputò, e poscia con voce piuttosto rauca ma intonata, cantò la seguente canzone, ch'egli stesso aveva durante il giorno composta:
     
      «La gran forza d'amore è usa trar dai cardini le anime, valendosi dell'ozio a modo di leva.
      «Il cucire, il ricamare e l'attendere di continuo a qualche lavoro, sono il miglior rimedio alla passione amorosa.
      «Alle fanciulle dabbene e desiderose di ben collocarsi, l'onestà e le lodi meritate sono in luogo di buona dote.
      «I cavalieri erranti e quelli che vivono alle corti amoreggiano le men riservate, ma sposano poi solamente le oneste.
      «V'hanno certi amori che nascono col sole e muoiono con quello; tali sono quelli d'ospite ad ospite.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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