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      Qua non potrà essere di manco che ed io ed il mio asino non periamo ambidue di fame o di altro; e questo povero leardo morrà forse prima di me, per essere tutto pesto e macinato, ed io morrò dopo di lui per l'afflizione e la disperazione! Ah! fossi almeno fortunato come don Chisciotte quando calò giù nella grotta di quell'incantato Montesino dove trovò migliore accoglienza che in casa sua, sicché gli pareva di andare a tavola apparecchiata e a letto bene guarnito! A lui toccò vedere là dentro visioni belle e graziose, ed io, se non fallo, altro non vedrò qui fuorché rospi e serpenti. Meschino di me! che fine avranno poi avuto i miei sogni e le mie fortune? Caveranno di qua le mie ossa, se pure saranno un giorno scoperte, ridotte monde, rase e bianche, e saranno confuse con quelle del mio asino, e serviranno esse per indizio della nostra sorte, almeno a quelli cui sarà noto che Sancio Pancia non si allontanò mai dal giumento né il giumento da Sancio Pancia! Lo ripeterò un'altra volta: tre o quattro volte infelici noi che l'avara fortuna non avrà voluto che terminassimo la nostra vita in patria e tra le braccia dei nostri cari, dove se pure le disgrazie non hanno rimedio, v'è almeno chi si affligge degli afflitti, e chi ci chiude gli occhi nella nostra ultim'ora! Ah, mio compagno e mio amico, che male mercede ricevi tu de' tuoi buoni servigi! Perdonami, e invoca la fortuna nel miglior modo che sai, perché ci cavi da tanto travaglio: e se sei da tanto, prometto e giuro che ti cingerò la testa con corona di alloro, sicché parrai proprio un poeta laureato, e ti darò a doppio le profende.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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