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      - Vossignoria è una tigre, disse Sancio, è di una barbarie inaudita: se fosse toccata a me questa sorte, mi sarei bene arreso io, e sarei io diventato suo vassallo: che cuore di marmo, che viscere di bronzo! Non so poi capire che cosa mai quella donzella abbia potuto vedere in vossignoria che le facesse tanta impressione da renderla innamorata: dove sono quella galanteria, quel brio, quelle grazie, quel sembiante, quel tutto insieme che ferisce e conquide? Ogni volta che io mi pongo a guardare vossignoria dalla punta dei piedi sino all'ultimo capello della testa, vedo cose da far piuttosto spaventare che innamorare: e se è vero che la bellezza è la prima e la principal cosa che allaccia, non avendone vossignoria neppure un'ombra, quanto a me non so capire di che diavolo mai la poveretta restasse innamorata.
      - Devi considerare, o Sancio, rispose don Chisciotte, che due sorta di bellezze vi sono, l'una dell'anima, l'altra del corpo: campeggia la prima, e si spiega nell'intendimento, nell'onestà, nel buon procedere, nella liberalità e buona educazione, e possono queste doti tutte allignare in un uomo o donna di brutte forme: e quando si ha l'animo unicamente a questa bellezza e non già a quella del corpo, si suole pervenire ad un amore vivissimo e imperioso. Ben io mi avviso, o Sancio, di non essere bello, ma conosco ancora che non sono né deforme, né contraffatto: ed all'uomo di vaglia basta non essere mostruoso per ottenere corrispondenza d'affetti, sempreché però egli possegga le doti dell'animo che ti ho detto.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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