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      - No signore, non è così, disse Sancio, perché io pecco più in pulitezza che in ghiottoneria, e il mio signor don Chisciotte, che è qua presente, sa bene che noi sogliamo passare gli otto giorni insieme contentandoci di una manata di ghiande o di noci: è per altro vero che se qualche volta mi dànno la vacca, io corro per la funicella, e voglio dire che mangio quello che mi viene presentato, e mi servo dei tempi come li trovo: e chiunque siasi che abbia detto che io sono mangione e poco forbito, tenga per certo vossignoria che s'inganna di grosso e direi ciò in altro modo se non avessi rispetto alle barbe onorate che sono a questa vostra tavola. - È fuori di dubbio, soggiunse don Chisciotte, che la parsimonia e la nettezza con cui Sancio mangia si possono scrivere e incidere anche in lamine di bronzo, affinché restino memorabili eternamente nei secoli avvenire; è però vero che quando ha fame par alquanto divoratore, perché mangia con furia e macina a due ganasce; ma la pulitezza resta sempre, e quando fu governatore apprese a cibarsi tanto alla schizzinosa, che usava della forchetta mangiando anche i granelli dell'uva o quelli delle melagrane. - Come? disse don Antonio: Sancio fu governatore? - Appunto, rispose Sancio, di un'isola, chiamata la Barattaria, e la ho governata per dieci giorni nel modo che si poteva meglio desiderare, a costo per altro della mia quiete: ho imparato in quell'occasione ad avere in disprezzo tutti i governi del mondo; sono scappato via dall'isola, e poi sono caduto giù in una grotta dove mi tenni per morto, ma mi è riuscito di uscirne fuori per miracolo.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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