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      Irene doveva affaticarsi a calmarlo. Lo rimproverava sorridendo di lamentarsi a torto. I loro guadagni non erano forse in continuo aumento? Che cosa voleva di piú? Essi avevano ogni motivo di sperare nell'avvenire; ma bisognava saper pazientare. Le fortune solide sono quelle che s'innalzano a poco a poco cogli scudi sudati che producono gli scudi e li moltiplicano. Quelle altre, messe insieme dal mattino alla sera, sono campate in aria ed un lieve soffio le disperde. No, non avevano ragione di lamentarsi.
      Nei primi tempi Irene aveva trascorso le sue giornate in bottega, dirigendo lei di fatto il traffico, consigliando e guidando il marito nelle cose piú minute ed in quelle piú gravi. Poi era comparsa soltanto in certe ore determinate, per esercitare una sorveglianza piú sintetica. L'acquisto di un commesso, reso necessario dall'aumento di lavoro, liberò i due coniugi dalle cure della vendita minuta, e permise a Pippo di assumere sopra di sé maggior parte della direzione suprema. Allora Irene non si fece piú vedere che un paio di volte per settimana, brevi momenti, all'impensata. Era come l'apparizione di un altro mondo, in mezzo ai metalli accatastati sugli scaffali, ammucchiati negli angoli oscuri, invadenti il pavimento colla ruvidezza plutonica dei grossi ferrami. Lei portava nell'ambiente annerito da un polverío di fucina, una nota di eleganza, un fascino di sorriso ed uno splendore di bellezza, onde pareano risentirsi e rispondere i luccichii gialli delle bruniture d'ottone, i luccichii bianchi delle bruniture d'acciaio.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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