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      E del resto, anche il caso ci si era messo di mezzo. Recandosi una domenica in visita dalla signora Rosati, ella non aveva potuto sospettare d'incontrarci Teta.
      - E poi? - balbettò Pippo.
      - E poi, ci siam riviste quattro o cinque volte. Mi pare proprio di aver trovato una sorella. Credimi: tu ti troverai contento di una riconciliazione.
      Pronunciò l'ultima frase col parlar lento e misterioso che usava, quando voleva decidere il marito a secondarla ciecamente. Infatti egli non seppe resistere, fantasticando ancora disegni nascosti nella condotta della moglie. Giacché lei ci teneva tanto, perché si sarebbe ostinato a farci la figura di un uomo di macigno? Il passato era il passato: ci si poteva mettere su un piastrone. Se i Furlin venivano, egli non avrebbe sbattuto loro la porta sul viso.
      Due giorni dopo, la riconciliazione era un fatto compiuto. I Furlin si presentarono coll'aria di due sposi in visita, accolti da Irene nella stessa guisa. Poco appresso, Pippo entrò nel salotto come per caso; fratello e sorella si abbracciarono, ricambiandosi il bacio della pace. Paolo Furlin evitò abilmente le allusioni al passato, si disse felice di stringere cordialmente la mano al fratello di sua moglie. Sarebbero stati buoni amici, dovevano darsi del tu!
      - Per me... figurati! - sorrise Pippo, vinto dall'aria di tenerezza che spirava intorno.
      - Sei un bravo ragazzo! - proclamò Paolo Furlin. - Io amo e stimo gli uomini del tuo carattere: seri, avveduti, che sanno guadagnare del danaro, e farsi voler bene da un angelo di donna.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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