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      E mentre gli uomini d'affari, con gran sicurezza, gli profetavano un avvenire brillante, le signore lo discutevano, gli attribuivano ciascuna qualità di proprio gusto, lusingate, quelle che lo avevano avvicinato, di poterlo dire. Altre confessavano di averlo notato nell'incontrarlo. Buon Dio! era pur necessario vedere come fosse fatto un uomo di cui si parlava tanto!
      Flaviana sorrideva alle velate allusioni che volevano imbarazzarla. Trionfava, indovinando le segrete gelosie delle sue buone amiche. La sua intimità colla cognata di Mario diventava un'ostentazione piena di sottintesi, come s'ella volesse serbare ad una parente stretta dell'amante le carezze manifeste che non poteva fare a lui.
      Frattanto Pippo era molto impacciato. Quando gli parlavano del fratello, non sapeva come rispondere che da anni non ci aveva piú rapporto alcuno. Non si poteva andare innanzi cosí. Vedeva Irene soffrire nello sforzo continuo di lasciare il marito padrone dei propri sentimenti, di non urtarli neppure colla piú lieve allusione. Rammentava com'ella era stata felice il giorno in cui s'era fatta la pace coi Furlin. Perché non le procurava un altro momento simile, acquistando il merito di farlo spontaneamente? Bisognava risolversi; parlarne a Teta; indurre lei pure ad accettare il progetto. La cosa sarebbe stata perfetta.
      Gli toccò una sorpresa. Alle prime parole Teta lo interruppe con un'esclamazione di gioia. Si era deciso, infine! Ma sicuro, bisognava troncare commenti malevoli cui dava luogo quella vecchia ed irragionevole discordia.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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