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      Mario sorrise. Ritrovava nel fratello il figlio di padron Gregorio; nel salotto di Irene un riflesso delle abitudini e dei gusti di via del Pellegrino. Aveva una curiosa famiglia. Ed il viso di Teta si era contratto per una emozione di golosa, mentre Furlin si slanciava sulle bottiglie ed applaudiva, colla giocosa e chiassosa impazienza di un uomo elettrizzato.
      Ad un tratto Mario non badò piú a questa scena. Lo colpiva l'espressione della cognata: un lampo di disprezzo e di collera negli occhi di lei anneriti; una ruga sulla sua fronte marmorea. Sentiva che non avrebbe dimenticato piú quella rapida visione, che tradiva in un momento di oblío le arcane energie, la sapienza dissimulatrice di un carattere eccezionale di donna. Ebbe il presentimento confuso di un dramma futuro nel quale Irene avrebbe sostenuto la parte principale. In ogni modo, là, ella era la sola che avrebbe potuto dominare e volgere a proprio vantaggio le cupidigie che si agitavano intorno a lei.
      Da quel momento non perdette piú di vista la cognata. La esaminava collo sguardo del conoscitore che giudica. Si sentiva tratto verso di lei. E mentre il vino bevuto riscaldava i cervelli ed animava i discorsi, egli fantasticava stranamente. Irene era un'amabile donnina, dopo tutto! il suo fascino era pieno di mistero. Dove intendeva dunque di arrivare?
      A mezzanotte stavano ancora insieme, un po' in cimberli. Mario si alzò, rimproverando scherzosamente ai parenti di fargli dimenticare i suoi impegni altrove, e si affrettò a salutare in giro.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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