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      Io rispetto le vostre opinioni, non è vero, Barbati? Ebbene, non riesco a capire neppure che cosa vogliano i vostri amici. Siete un mucchio di esaltati, e non ce n'è uno in buona fede. Non avete tutte le libertà? Nella stampa, nei comizi, dovunque, sorvegliate il Governo, godete l'esercizio di ogni diritto fino alla licenza. Se comandaste voi altri, non ci permettereste una decima parte di quello che noi vi permettiamo. Sentite: la monarchia costituzionale è la repubblica di fatto, senza averne i difetti. Quando non presentasse altri vantaggi, evita la sollevazione degli elementi torbidi nella successione dell'autorità suprema. Vi sembra poco? D'altra parte, siete persuaso meglio di me, che la vostra repubblica non avrebbe fatto l'Italia. Per ciò appunto i vostri versarono il sangue sui campi di battaglia, sotto la bandiera monarchica. E noi, quando ci avete offerto le vostre braccia e le vostre intelligenze, non vi abbiamo né respinti, né disprezzati: vi abbiamo accolti come fratelli, che potevano dissentire con noi negli ideali lontani; ma che avevano in cuore la stessa nostra fiamma di patriottismo. Suvvia dunque: lasciate i luoghi comuni! state alla quistione! che cosa potete rispondere?
      Aspettò. Barbati, un po' sconcertato, cercava le parole. Un gran ridere a due, i timbri di voce incrociati di Flaviana e di Mario, riempí il salotto. Teta, un po' scandalizzata, rimproverò il fratello:
      - Via, Mario: basta! ti spingi troppo.
      Mario narrava un'avventura scabrosa. Lo aveva istigato Flaviana, coll'istinto sensuale della borghese allegra, che cerca di parlar grasso e si eccita nei racconti pepati.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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