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      Era il castigo che la famiglia si meritava per l'abbandono in cui aveva lasciato il suo capo. Ed ora il male non aveva forse piú rimedio possibile. Padron Gregorio aveva troppo lungamente covato i suoi giusti rancori, ed era in grado di vendicarsi fieramente. Non gli sarebbe mancata la donna che cercava, per aiutarlo a spogliare i propri figli, per impadronirsi di una fortuna ch'egli liquidava grado a grado, sottraendola agli attacchi possibili di successioni naturali e legittime.
      - Il vecchio infame! - ghignò Teta furibonda e sgomenta - lui vuole esser lo stesso, sempre!...
      - Per carità, - supplicò Irene; - ti dico che il torto è nostro. Vuoi dare anche lo spettacolo di una cieca collera, perché il mondo ci disprezzi?
      Fissò la cognata con occhi freddi e dominatori; poi li volse in giro indolente, con una espressione di disinteresse. Per conto suo, non dava un pensiero alla fortuna del suocero. Ciò che le stringeva il cuore era l'odio del padre di suo marito, i pericoli ai quali il povero vecchio esponevasi, provocando le avidità d'una estranea per diseredare i figli.
      La sua dolce voce passava con una cantilena pigra e fievole, calmando i fremiti coi quali il cognato e la sorella si ribellavano all'idea della spogliazione. Il suo disinteresse sorrideva trionfante, riconducendo l'idillio di sentimenti generosi e miti in quell'angolo di salotto dove le passioni del danaro vibravano coi loro stridori d'odio. Teta e Mario non sapevano risponderle, dominati da lei. L'ascoltavano colle labbra frementi e scolorite, coi visi pallidi, cogli sguardi scuri ed incerti.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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