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      I due cognati si acconciavano ad una esistenza di compari che lavorano insieme per un comune interesse. Mario faceva fruttar bene le mille lire affidategli da Irene, attendendo ch'ella pure entrasse in azione. Continuava ad ignorare completamente la strada ch'ella avrebbe battuto; ma non se ne preoccupava, e non lo chiedeva neppure, pago, in fondo, ch'ella non avesse ancora fatto una scelta. Nondimeno, negli ultimi tempi, aveva presentito vagamente ch'ella si sarebbe rivolta dalla parte del suocero.
      Quindi la scena da lei provocata per ottenere dalla famiglia l'incarico di agire, non lo aveva totalmente sorpreso. Egli era disposto a vedervi anche un lampo di genio femminile. Ma non gli conveniva affatto l'aver scoperto dal contegno d'Irene ch'ella doveva aver preparato di lunga mano il terreno a totale insaputa sua. Gli piacque anche meno la risposta pronta ed evasiva della giovine donna.
      - Ti prego - diss'egli sardonicamente, - lasciamo le frasi inutili. Rispondi attentamente alle mie domande.
      - Persisti! - esclamò Irene, schermendosi. - Vuoi farmi dunque pentire di avere avuto fiducia in te?
      - Sii buonina. Parliamo d'affari, non è vero? Ebbene, sai che gli affari esigono chiarezza. Perché mi hai taciuto, per lo meno, che spiavi papà? Perché mi hai nascosto i tuoi preparativi?
      - Sogni. Non ho preparato nulla.
      - Bada, ti metti sopra una strada falsissima.
      Le piantò addosso uno di quegli sguardi terribili, la cui eloquenza supplisce ogni frase. Ella impallidí; ma parve dichiararsi vinta ad un tratto.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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