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      Ma non se ne spaventò. Si avvicinò al cognato con atto intraducibile di sorella affettuosa.
      - Sii ragionevole. Capisco quel che vorresti dirmi: sono impastata di pregiudizi, non è vero? Sia pure! Ma che colpa ne ho io, se sono fatta cosí? D'altra parte, non esigo da te degli eroismi, per quanto ti ami: non ti proibisco di soddisfare con altre questa laida passione, che per voi altri uomini è la donna: lo farò soltanto quando potrò essere davvero tutta per te. Ti lascio Flaviana, per esempio. Ma appunto nel nostro interesse, è necessario ch'ella rimanga tua amante e mia amica. Che cosa avverrebbe quando si sospettasse che la moglie di tuo fratello ha delle relazioni colpevoli col cognato?
      Aveva fatto sforzi eroici, in quella simulazione di semplicità, per non tradire l'ebbrezza del trionfo che le gonfiava il petto e metteva nelle sue carni strani fremiti. Ma, finito il colloquio, allorché Mario partí, domato e mistificato da lei, un sorriso intraducibile increspò le sue labbra, mentre un vivo baleno passava sul suo sguardo.
      - Chi sa! - pensò dietro al cognato; - sarai forse tu quello che mi darà meno da fare...
     
     
      IX
     
      Padron Gregorio Ferramonti, la sera, fino alle dieci, pigliava il fresco ai tavolini esterni del caffè delle Alpi in via Banco Santo Spirito. Aveva la sua piccola corte di ricco bottegaio in ritiro: tre o quattro vecchioni, che occupavano con lui le ore d'ozio a rimpiangere il passato, ed a rivedere le bucce al prossimo. Erano i padroni del tavolino scelto pei loro conciliaboli: non vi soffrivano invasioni.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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