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      Una mattina, il gobbo Scozzi semplicista gli andò in casa per invitarlo a far cessare i pettegolezzi. Dipendevano da lui. Aveva certo desiderato Mimma, ne aveva parlato e si era poi pentito. Ma per cristallina, questi capricci di vecchio caprone non sono ammissibili, quando s'ha che fare con della gente per bene. Come intendeva padron Gregorio di riparare ad una tale indegnità?
      Oh, il gobbo poteva raccontare di averla passata bella! Ferramonti, imbestialito, se lo era cavato d'attorno, minacciandolo di pigliarlo a pedate e di fargli fare le scale a ruzzoloni. Ma l'antico fornaio non ne poteva piú: sarebbe schiattato; ci si mise a letto. Sentiva che il ricordo di quell'incidente grottesco non gli avrebbe lasciato piú pace.
      Si rifugiò piú che mai nell'amicizia della signora Lalla. Provava il bisogno che quella donna lo ascoltasse, lo consigliasse. Ma lei pure non sapeva offrirgli che parole inconcludenti; era proprio abbandonato da tutti! E lei non si difendeva. Chiusa in un riserbo misterioso, lasciava comprendere di non trovare il coraggio per una proposta. Nondimeno, egli vedeva bene che qualche cosa in corpo doveva avercela; anzi che gli faceva pure dei misteri. Un giorno ella non si fece trovare; poi un altro; poi un altro ancora. Ebbene! quelle assenze erano un pretesto; non erano vere.
      Una quarta volta, Ferramonti, andando a casa della Frati, raggiunse sul portone la donna di servizio, che saliva lei pure. Seppe da lei, che la signora Lalla stava su. Ma entrato, capí che senza l'incontro colla domestica lo avrebbero mandato a spasso di nuovo.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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