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      - Ma insomma, questa ottava maraviglia non si fa piú vedere? - disse improvvisamente, una volta.
      La signora Lalla lo indovinò a volo.
      - Sicuro, che si fa vedere! Vien qui, almeno due volte per settimana, di nascosto.
      - Ebbene, la prima volta che capita, fatemelo sapere. Voglio parlarle. Già! voglio parlarle.
     
     
      X.
     
      Poi Ferramonti parve pentito. Lasciò passare tre o quattro giorni, senza trovare il verso di concretare l'ora ed il modo dell'abboccamento. Ritornava alle sue resistenze dispettose contro la Frati, che gli parlava della nuora. Non lo vedeva, lei, che lo seccava? Ella aveva delle frette ridicole. Forse che ad aspettare, qualcuno ci perdeva qualche cosa? L'occasione, certamente, sarebbe venuta da sé, a tempo sempre.
      Egli però non cessava dall'andare ogni giorno in casa del curiale. Finí, che si trovò dinnanzi Irene, quando meno se lo aspettava. Quel mattino addensavasi sulla città un uragano estivo: nuvole fitte, nere, da fare accendere i lumi a mezzodí; sbavate di vento caldo, da togliere il respiro; un balenío sinistro, un ruggire profondo di tuoni. La tempesta saliva dai punti bassi dell'orizzonte; le bufere s'indovinavano scatenate in giro, incalzanti a stringere un cerchio, attratte a confondersi, a diventare tutt'insieme un solo terribilio. Sotto le raffiche ardenti che spazzavano la strada e sbattevano porte e finestre, la gente s'affrettava a ripararsi, fiutando la pioggia in un odore di terriccio, greve e diffuso.
      Ferramonti entrò nel portone di casa Frati ai primi goccioloni.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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