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      Era piú presto del solito; ma egli non voleva arrivar fradicio. Mentre saliva le scale, un gran lampo lo abbarbagliò, e subito un tuono scrosciante come una scarica di cannoni ripercossa cento volte dall'eco scosse la casa tutta quanta.
      Padron Gregorio s'affrettò a salire; tirò violentemente il campanello. Aveva paura della tempesta. Ma altri lampi ed altri tuoni seguivansi; pareva che si rincorressero. La pioggia s'era sentita avvicinare con un crescente fremito; adesso veniva giú a torrenti impetuosi. All'aprirsi dell'uscio, l'antico fornaio si precipitò dentro, pallidissimo.
      Andò innanzi, nella confusione, fino al salotto della signora Lalla. Aveva bisogno di trovarsi con persone amiche. Nondimeno, tentava di abbozzare un sorriso: entrando volle scherzare:
      - Che razza di risciacquata! Roma fa il primo ba...
      Non finí. Nel bagliore di un altro lampo, scorse ritta dinnanzi a sé, sorridente e pallida, Irene. Una vera apparizione. La giovine donna lo guardava rispettosa ed amorevole come tentata a gettarsegli fra le braccia.
      Lui restò mezzo ebete. Certo, in un altro momento, avrebbe fatto sentire alla Frati ed alla nuora che non si sorprende cosí un pari suo. Adesso, n'era incapace; si sentiva tutto sconvolto.
      Ad un tratto Irene gli si avvicinò; s'impadroní delle sue mani. Lo aveva chiamato papà; si diceva felice di potergli alla fine parlare. Buon Dio, egli sarebbe stato compiacente con lei, non era forse vero?
      Parlava con una di quelle voci commosse di donna, che vanno dritte al cuore.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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