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      Era soavemente bella; e fra lo strepito furibondo dell'uragano pareva un angelo sceso dal cielo apposta, per calmare i nervi in rivoluzione di un povero uomo. Cose dell'altro mondo: una tenerezza inesprimibile! Poi padron Gregorio si accorse, che la nuora lo aveva tratto dolcemente verso un canapè, lo aveva fatto sedere, e gli si era collocata vicino, guardandolo rapita. La tempesta avrebbe potuto portarsi via la cupola di San Pietro, senza che la giovine donna mostrasse di accorgersene.
      Allora Ferramonti lasciò da parte ogni selvatichezza. Parlò alla nuora, dandole del tu:
      - Ho piacere di vederti. So che sei una brava donnina. E sei piú bella di quello che la gente non dica. No, no! non fare la modesta. È proprio cosí. Ho una nuoruccia numero uno, io.
      Diventava quasi inconsciamente galante, ricercando per istinto gli atti leziosi coi quali, nella sua gioventú, aveva allettato la clientela delle servotte. Irene ascoltava quelle volgarità, schermendosi un pochino; ma come annegata in una beatitudine muta, piena di venerazione.
      - Dio mio! - bisbigliò ella finalmente; - non avrei ardito sperar tanto, mai, mai...
      La sua gratitudine le mozzava la parola. S'impadroní ancora delle mani del suocero, e le tenne fra le sue, bianche, morbide e gentili.
      - Potevamo ben risolverci prima! - disse padron Gregorio. - Vedi: i miei figli m'hanno ridotto a viver solo come un lebbroso. Avevo bisogno...
      Scoppiò una saetta. Irene, con uno strido, si avvinghiò al collo del suocero. E per un lungo istante l'uno e l'altra rimasero cosí, sbalorditi e tremanti, udendo il diluviare del di fuori, i gemiti fischianti del vento furioso.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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