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      Provocò una di quelle esplosioni in cui le sordide passioni umane si mostrano senza veli. Mario solo si contenne, fidandosi di lei ed intuendo la commedia. Gli altri no: perdevano la testa. Pippo stesso scoteva il suo giogo di marito domato, ritrovando l'occasione di mostrarsi furioso. Nessuno di loro avrebbe sopportato in pace un ladrocinio simile. Parlavasi di andare a cavar fuori il cuore di quel vecchio birbaccione che trattava cosí il sangue suo. Furlin, sempre ripugnante da propositi che potessero compromettere, dimostrava che il vecchio Ferramonti doveva ritenersi impazzito. E suggeriva mezzi tortuosi per farlo interdire e chiudere in una casa di salute. Bastava far agire influenze valide, allargando a tempo e generosamente i cordoni della borsa.
      Poi Irene si sentí circondata da sordi sospetti, e comprese che quel soffio ostile partiva da Teta. Per tre o quattro giorni le escandescenze scoppianti nel salotto ebbero un carattere artificioso: la banda indagava se la giovine donna si fosse per avventura permesso di darle a bere qualche fandonia. Irene aspettò che questo momento critico passasse, con lo stoicismo di una donna forte; poi, ad un piú fiero scatenarsi della tempesta, capí di aver vinto la partita. Allora schiacciò i riottosi colle sue occhiate compassionevoli, coi suoi freddi sorrisi, dove un disprezzo appariva. Non la capivano d'esser fuori di strada? I loro propositi folli di violenze e di perfidie li avrebbero posti al bando della gente onesta. Lei non rinunciava a contraporre i proprî scopi disinteressati alle loro cupidigie; ma parlava considerando anche le cose dal loro stesso punto di vista.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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