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      Ma non si veniva a capo di nulla. Era la settimana in cui padron Gregorio credeva Irene occupata a cercargli la sposa. Si cominciava a veder buio nell'indugio; a ritentare delle osservazioni, che tradivano rinascenti sospetti.
      Tutto ciò svaní nella sorpresa suscitata dall'avvenimento che mandava a monte il matrimonio, e che faceva entrare Irene in casa del suocero. Tornando dal Pellegrino, lei non volle aspettar la sera per spargere la gran novità. Passò dal marito, a bottega, fece correre lui dai Furlin. E la sera accolse gli entusiastici applausi della famiglia, colla sua celestiale modestia.
      Fu una vera apoteosi. Ripensandoci bene, essi vedevano adesso soltanto da quale pericolo erano sfuggiti. Su quei visi accesi dall'ebbrezza del trionfo passavano dei brividi di raccapriccio. Se la Remedi avesse pensato a se stessa? se avesse dato a padron Gregorio un'altra nidiata di figli? Erano tanti i casi! Infine, Irene era stata davvero la provvidenza della famiglia.
      Ma passata la prima foga di ammirazione, l'orizzonte si annuvolò di nuovo. L'abilità somma d'Irene, rivelandosi cosí brillantemente, lasciava dei sordi sospetti in quel pugno di gente scettica per i sentimentalismi della filantropia e del disinteresse. Il domani Mario si procurò un abboccamento colla cognata. Dalle prime parole, lasciò intendere che non voleva essere mistificato.
      - Mi congratulo con te. Papà è tuo e noi tutti siamo a tua discrezione. Ho idea che, adesso, tu pensi a farne veder delle belle a qualcuno...
      - Sei un ingrato ed un infame!


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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