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      Vinse. Flaviana cominciò a sorridergli, mentre la domestica recava il caffè. E riebbero tutti fretta. Si scottavano le labbra e la lingua, arrischiando troppo grosse sorsate del caffè fumigante. Anche Rinaldo, diventato a sua volta impaziente di uscire, incitava la giovine donna a sbrigarsi.
      Ella li lasciò per andare a finire di abbigliarsi. Allora i discorsi interrotti fra i due uomini si riallacciarono. Per una rapida associazione d'idee, presero a parlare della Banca Italica. Calcolavano che il cancan del rialzo si sarebbe prolungato ancora tre mesi. Oh, il pubblico! che gabbia di merli! Ma frattanto i furbi del momento lavoravano al sicuro, e dei bagliori lividi tradivano la rabbia di Barbati. Federico ebbe un ricordo subitaneo:
      - A proposito! Sai quanto ha guadagnato Ferramonti?
      - Quanto?
      - Trentacinquemila...
      - Fole! - gridò Barbati, interrompendo. Soffocava.
      - Ma che fole! Lo so di sicuro.
      Federico specificò, togliendo alla notizia qualunque ombra di dubbio. Del resto Rinaldo non ne aveva bisogno. Erasi anzi aspettato una cifra piú elevata. La marmaglia del ceto affarista, da vari giorni, parlava dei guadagni sorprendenti di Mario in quel rialzo della «Banca Italica». Non si capiva d'onde il fortunato briccone avesse cavato fuori dei titoli, dei quali s'era totalmente disfatto all'epoca dell'emissione.
      Barbati non si tenne. Aveva troppo alla gola l'abbandono di Mario alla vigilia di una cosí brillante operazione. Inveí contro l'antico socio, contro i Ferramonti in genere. Una razza stomachevole di farabutti.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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