Pagina (142/243)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      I guadagni della bottega di ferrarecce squagliavansi prodigiosamente. Anzitutto il traffico, abbandonato in mano di commessi, che si perfezionavano nell'arte dei prestigiatori colle scorte di magazzino e coi fondi dei cassetti, volgeva al disastro; poi Pippo era diventato un pozzo di San Patrizio, coll'eterno bisogno di rifornirsi la saccoccia. Mario non sapeva, che una gran parte delle somme da lui consegnate alla giovine donna sfumava misteriosamente a rattoppare le falle della barca a Sant'Eustacchio. Però sapeva che Irene occupavasi di nuovo, ad intermittenze, della bottega. Alcune sere, uscendo da casa del suocero, ella andava a sorprendere i commessi, trattenendosi delle mezz'ore ad interrogare, ad informarsi, a verificare lo stock, a consultare i libri ed a disporre. Altre volte i commessi andavano a casa da lei, invitati a farlo. Succedevano lunghi colloqui, ai quali Mario non era mai chiamato ad assistere. In sostanza, poteva convenire ad Irene che fosse nota la condotta indegna di suo marito; ma non doveva convenirle del pari, che le difficoltà commerciali della loro casa, dipendenti appunto da tale condotta, arrivassero fino agli estremi di una catastrofe.
      Da parte sua, Pippo, nonostante un abbrutimento che aveva delle spaventose progressioni, doveva conservar netto l'intuito dell'utile che ritraeva dalla moglie. Era il marito piú compiacente e piú liberale. Alla sola condizione che lo lasciassero vivere a modo suo, risparmiandogli prediche inutili, non si opponeva affatto che Irene si sbizzarrisse la notte col cognato, dopo essersi sbizzarrita il giorno col suocero.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





Pippo San Patrizio Sant'Eustacchio Irene Mario Irene Pippo Irene Mario