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      A quale scopo?
      La riapparizione d'Irene nel mondo, fu una sorpresa, un trionfo; l'eccitamento supremo di mille indiscrete curiosità accerchiarono quella giovine donna cosí misteriosa, di cui s'era parlato già tanto. Ella irritava intorno a sé le invidie profonde delle donne oneste, che non potevano imitarla nell'audacia insultante della colpa di cui dava spettacolo e che sarebbero state incapaci di meditare i progetti attribuitile. Degli uomini a dozzine avrebbero commesso pazzie per soppiantar Mario, fosse stato anche solo per una notte, per un'ora, per un istante rubato alla vigilanza di un geloso.
      Essi, i due amanti, ne trassero come una specie di ubriachezza. Le cose lecite, permesse dal vecchio Ferramonti che ne ascoltava da Irene i minuti ragguagli sbalordito, non bastarono loro piú. Li ghermiva il fascino di qualche cosa di nuovo, d'ignoto, di stravagante, di misterioso. Mario specialmente si montava la testa: ai veglioni pubblici lo eccitavano i successi plastici delle mascherine piú elegantemente e piú arditamente scoperte; voleva che Irene, per lui, sapesse diventare piú provocante, piú audace, piú seducente, in un fascino di etèra, che non fossero tutte quelle altre ragazze dalla vita allegra, prese insieme. Allora un folle progetto si maturò rapidamente nel suo spirito. Prima non ebbe il coraggio di esporlo; ma questa riluttanza momentanea lo esasperò; quand'egli parlò ad Irene di condurla al veglione mascherata con un costume procace, fu quasi per imporglielo. Si maravigliò di trovar resistenza; non voleva sentire obbiezioni.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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