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      In tal modo soltanto aveva potuto renderlo docile al punto di fare a meno, pel momento, del possesso di lei, serbando un compenso ad usura del sacrificio, per un avvenire, non lontano, in cui sarebbero stati ambedue liberi.
      E Mario si era presentato al padre perché la giovine donna lo aveva voluto. Non le bastava di avergli fatto accettare un contegno che non offriva piú esca alla maldicenza ed allo spionaggio; ella voleva dissipare anche i ricordi d'altri tempi, coprendo l'amante sotto le apparenze del fratello che ha rapporti intimi col fratello, e del figlio che si riconcilia col padre. Non si accorgeva di arrivare troppo tardi.
      Cosí le impazienze spasimavano, esasperavansi intorno all'antico fornaio. Per Pippo era l'ingordigia del danaro paterno; per Mario il desiderio del possesso pieno, pubblico, liberamente goduto, della giovine donna. Costei comprendeva di non poter andare innanzi cosí. Un bisogno pazzo di rivolta contro l'amante la spingeva a fantasie tragiche. Infatti, la sua schiavitú rispetto a Mario dipendeva dall'esistenza del suocero, presso il quale l'altro avrebbe potuto vendicarsi dell'abbandono di lei, coll'usare le sole armi ch'ella temesse. Sparito invece Ferramonti, si sarebbe veduto. Ella voleva la propria tranquillità; ma appunto perché la voleva ad ogni costo, non era donna da ripugnare a qualunque mezzo necessario per ottenerla.
      Per disgrazia, il tempo che passava senza costrutto le facea smarrir la ragione. Ella trovavasi ancora enormemente indietro. Gregorio Ferramonti era di quegli uomini che si possono raggirare per ogni verso, tranne per quello del danaro.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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