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      Vorrei poterti dire quanto ho sofferto! La prova era necessaria! Se falliva, sarei crepato di certo; ma tu non avresti piú rimesso i piedi in casa mia... Adesso è passata! Vieni! Non tremar cosí, sciocca! Si va in camera mia.
      Ella ritenne che il suocero volesse condurla di là per consegnarle una carta che l'autorizzasse a ritirare i titoli deposti alla Banca; forse per darle i titoli stessi. E la vertigine la guadagnava, risolvendosi in una fralezza vile. Per non cadere, fu costretta ad appoggiarsi al vecchio.
      Invece Ferramonti si fermò sull'ingresso della camera. Additò, in un angolo accanto al letto, una specie di piccolo forziere murato all'altezza di un tavolo: la custodia antica, onde erano passati lentamente i guadagni ed i capitali dell'antico fornaio.
      - Guarda: là dentro c'è una carta che ti riguarda. Non si può sbagliare, perché non ce n'è altre. Quando starò per andarmene, te la darò, o te la piglierai da te, se non potrò dartela. La chiave è nel primo cassetto del comò. T'insegnerò come si fa per aprire. Hai capito?
      Irene chinò la testa senza rispondere. Il colpo era troppo forte. Ella non aveva piú neppure la facoltà di risentirsi, di odiare l'uomo da cui riceveva quel disinganno atroce. Si abbandonava al proprio destino colle codarde rassegnazioni di una vittima domata.
      Ferramonti interpretò a suo modo la cosa. Ricondusse la giovine donna sostenendola, esaltato dalla tenerezza e dall'ammirazione. Perché quella commozione eccessiva? Irene diventava niente una bambina, quando proprio non ce n'era bisogno alcuno?


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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