Pagina (206/243)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Lui, Furlin, agiva per conto esclusivo della moglie. Lasciava liberi i cognati di associarsi a lui, quando lo avessero stimato conveniente.
      - Ma non ti accorgi che ti lasciano solo? - osservò Teta, non appena marito e moglie si trovarono soli.
      - E credi che mi stimerei fortunato se fosse altrimenti? - rispose Paolo, stringendosi nelle spalle. - Lascia pur fare a me. Ti garantisco la fortuna di tuo padre fino alle ultime cinque lire di rendita. Ti basta?
     
     
      XX.
     
      D'improvviso le parti cambiarono. Pippo doveva aver fatto delle riflessioni da uomo pratico. Egli era in realtà in una posizione delle piú bizzarre e delle piú delicate. In ogni modo, le sue collere svanivano, ed egli tornò, come per incanto, un marito compiacente e bonario.
      D'altra parte Mario non si ostinò nelle sue velleità generose e cavalleresche a favore della cognata. Come se avesse meglio pensato lui pure ai casi suoi, abbracciò la causa dei Furlin, e si associò alla loro condotta. S'iniziava uno di quei processi civili che fanno epoca nella cronaca forense. Irene aveva prodotto un atto col quale il defunto Gregorio Ferramonti la dichiarava proprietaria dei capitali deposti alla Banca, in seguito a debiti di varia natura contratti con lei. La dichiarazione, di forma privata ed autografa, aveva avuto la legalizzazione della firma per mezzo di un notaio, ed era stata registrata. I Furlin e Mario attaccarono l'atto come nullo ed illegale nella forma e come carpito artificiosamente in offesa ai diritti di successione legittima che violava, non ostante la data di parecchi mesi anteriore alla morte del dichiarante.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





Furlin Teta Paolo Mario Furlin Gregorio Ferramonti Banca Furlin Mario Pippo Irene