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      Ma quest'ultimo se n'era preoccupato appena per un istinto di momentanea curiosità. Ciò che importava a lui, era che i disegni reconditi di suo fratello agevolassero quelli della sua propria passione. Questa volta non poteva dire davvero d'essere stato poco fortunato!
      Non aveva tempo da perdere. Alla piú lunga poteva durarla un'altra quindicina di giorni, dopo i quali non ci sarebbe stata forza umana capace d'indicargli una sola via di mezzo fra la prigione e la morte. Vedeva degli uomini da lui deliberatamente mistificati, prepararsi a metterlo colle spalle al muro ed a fargli scontare spietatamente la mistificazione. Non gli sfuggivano le occhiate lunghe ed equivoche di coloro che fiutavano in lui il galeotto od il cadavere. Molti si domandavano certamente a quale scopo egli vivesse ancora, e cominciavano ad averlo in conto di vigliacco ributtante.
      Egli era tranquillo. Si burlava di tutti, col suo sorriso e coi suoi sguardi pieni di gelida ironia. Indovinava di aver pienamente raggiunto il suo scopo, e sentiva come una funebre impressione di trionfo, che lo rendeva orgoglioso. Si burlava pure di Pippo: che scherzo atroce stava per toccargli nel momento in cui si preparava a servirsi del fratello come di uno stromento! Ma, in fondo, Pippo gli dava le nausee ed i raccapricci che gli esseri immondi destano spesso sui temperamenti nervosi. Quel miserabile sapeva senza dubbio Mario sull'orlo di un precipizio; ebbene! per sfuggire il pericolo di porgergli il piú piccolo aiuto, egli, fingendo di crederlo sempre all'apice della fortuna e della ricchezza, gli aveva tenuto piú volte discorsi brutalmente egoisti: un uomo deve barcamenarsi e farsi strada da sé, non è vero?


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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