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      Figliuola d'un oste, apparteneva all'alta fashion, voglio dire alla crema di Noale, paese da cui, quantunque da lei giudicato di qualche importanza, non avea mai voluto accettare un marito, non essendovi nessuno che potesse mantenerla nel lusso competente al suo grado in società, e alle sue abitudini d'eleganza. Ad accrescere la quale soleva mettersi indosso quanto avea di bello, cioè a dire: tre spilli in una volta, due o più paja d'orecchini, catenella d'oro, coralli, granatine al collo: pareva una Madonna di Loreto. Ma tale augusta somiglianza veniva in certo modo assai contrastata dal fare più che comico della putta, dalla sua faccia lunga e da cavallo, da quella figura barocca, e soprattutto da un tantin di parrucca sulla cui sommità, senza dubbio per mitigare la bruttissima impressione, che per solito desta quell'arnese in testa d'una ragazza, usava, per consiglio del barbiere di Noale, metterci un sevigné, tenuto stretto sulla fronte da un cerchietto d'oro a smalti.
      Comunque sia, all'entrare in iscena della Cattina da Noale, tutti si volsero e stettero in grande attenzione.
      – Io ce l'avrei il mio parere – cominciò dunque la signora Cattina...
      – Sentiamo – esclamarono tutti pieni di curiosità.
      Qui, senza proprio riferirvi il discorso della siora Cattina, io ve ne darò il sunto, premettendo: che toccava i quarant'anni, e in Noale non c'era persona degna di lei: ella si sentiva stanca di stare alla finestra (dove passava la vita); di starci come una figurina in mostra, co' suoi fornimenti, che certo dal troppo lusso spaventavano gli aspiranti.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





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