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      Vedi se, quando ne ho il tempo, io ti voglio bene!
      Giunti adunque da poco sui luoghi, il generale con un metodo tutto nuovo e una tattica di guerra, in relazione colla disciplina dei corpi franchi, ci aveva, dopo preghiere commoventissime di non esporci... oh!... guarda un po'... proprio per quello ci eravamo mossi... quel povero generale!... io voglio, mia Clelia, dartene la macchietta con due segni. Abito, ossia giubba a coda di passero, coda, che, perché non voli, quand'è vento, s'appunta ai lati: cappellino tondo, colla sua brava piuma, e un pistolone del mio signor nonno in mano...
      Devo dirti, a sua discolpa, ch'egli sapeva il suo mestiere, gli facevamo compassione noi giovani senza esperienza, senza armi, ricchi solo di entusiasmo: ma giusto quello ci rendeva ciechi.
      Questo generale dunque, per torsi in certo modo una terribile responsabilità, ci aveva detto: – ecco le alture di Montebello: vi vadano pure, e Dio li ajuti. – Poi ci pianta come cavoli, e chi s'è visto, s'è visto. Tieni a mente questo succoso inizio di guerra, perché oramai appartiene alla storia.
      Immàginati che noi stavamo appostati in linea sulle colline, che s'addossano a monte, ossia alle Alpi, di cui appunto esse colline son l'ultime ondulazioni. Il professore Alberto venuto anch'egli, come sai, colla crociata... non di propria volontà, ma spinto dalla sua Perpetua, incapponita a credere ch'ei fosse ito in discredito della gente, per la relazione che ha col conte Lorenzo tuo cognato, supposto tedesco... speriamola una calunnia.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





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