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      Vedi che strano accozzo di sentimenti!
      Eravamo corsi dall'accampamento, voglio dire da dove si stava acconciati alla peggio: e dove per la prima volta ci toccava l'insperato privilegio di mangiare con forchette e cucchiajo invece che colle mani. Pioveva. Sai una di quelle acquerugiole fine fine, che passano alla lunga: ma che lasciano l'aria abbastanza chiara per poter distinguere i paesi circostanti, e gli alberi d'un cosí bel verde, che pajono colle foglie inverniciate.
      Io m'ero appostato dietro un gelso, e di là tiravo abbasso, verso la strada dove avanzava il nemico. Volle mettersi a me d'accosto il povero principe Eugenio... e di là sparava anche lui... ti dirò che si tirava giusti e anch'io quasi fossi soldato vecchio di mestiere... peccato non aver cartuccie. Immàginati senza giberne, tenevamo le cartuccie in saccoccia. Ora, prima dell'appello al campo, era venuto uno di quei scatarosci d'estate, pel quale l'acqua riempiendoci le saccoccie stesse, puoi credere se le cartuccie si conciarono per le feste: a taluno ebbero a nuotarci come tante barchette. Basta!... non so come né dove, qualcosa si pescò fuori e coraggio a tirare: allegri come se davvero noi fossimo a un ballo.
      Di tanto in tanto ci avveniva di sparare su tutta la linea: e allora non ti descrivo che quadro di battaglia, che nuvole di fumo, che globi densi, candidi color di madreperla, e in mezzo, lí sta il bello dell'effetto, lingue di fuoco dritte, acute; viste e non viste!... Il piú gran chiasso lo faceva il cannone: uno solo: figlio unico, di madre vedova: e al suo tuonare rispondevano benissimo quelli degli Austriaci, mandandoci palle fresche come rose, e salutate sempre dalle nostre gaje acclamazioni.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





Eugenio Austriaci