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      Sul mezzogiorno venne anco la Teresa: l'andatura più abbandonata del solito, l'occhio smarrito; la fascia tricolore messa a tracolla, entrò nel cortile dove la società stava raccolta.
      – Ci sono notizie? – chiesero alcuni correndo incontro alla figliuola del dottor Agostino.
      – Son qua piú morta che viva! – rispos'ella, – mica di paura, ma di rabbia... di dolore... vedrete che all'ultimo ci toccherà cedere.
      – Cedere?... mai!... – gridarono tutti in coro.
      – La speranza è l'ultima a perdersi, – mormorò Fiorenza che, trasportato il suo bambino ne' luoghi terreni, non aveva trovato niente di meglio che di posarlo nella greppia d'una piccola stalluccia, solita stanza d'un somarello, sul dosso del quale veniva il gastaldo dalla campagna.
      Un brioso Siciliano, che, come suddito pratico di Ferdinando, persuadeva la Costanza, figlia del conciapelli a prendere in mano, quasi innocenti trastulli, le bombe, esclamò:
      – Quella mi par la culla del bambino Gesú.
      – Vi ho già detto un'altra volta a chi rassomigliate voi, – mormorò, guardando Fiorenza, Guido venuto allora allora dal suo posto di guardia. Posto pericoloso, dove tutta la notte aveva dovuto rimanere sentinella morta. Egli tornava illeso e tranquillo, desideroso in tali orribili congiunture soltanto di sapere come i suoi nuovi amici si trovassero.
      Passarono in quella pel cortile, e proprio davanti la inferriata della piccola stalla, due bei giovani eleganti, passeggiando a braccetto: erano promessi sposi; condotti da persone amiche dei Rizio a salvarsi in quei luoghi terreni, stimati sicuri.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





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