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      All'accento pareva lombardo, al vestito, consistente in camiciotto turchino, cappello dalla larga tesa e piuma ondeggiante, un volontario di qualche corpo franco e maestro di barricate. Nero e barbuto, questo uomo girava due occhi fieri, accesissimi: aveva le vene delle tempie e del collo tanto gonfie come se stessero per iscoppiare.
      – Il nemico, – gridava egli in furia, – sta per dar l'assalto alla città, noi capitolare non si vuole... dunque riceverli come si conviene: presto... olio bollente, sassi, armi... presto... approntino tutto, signori... uomini, donne tutti all'opera, tutti alla santa impresa nazionale... tutti!... morte allo straniero... morte e sterminio... alle barricate!... alle barricate!...
      Gli astanti non sapevano cosa rispondere; non sapevano se credere e obbedire o no: l'uomo non aveva tempo da perdere, e dopo altre violentissime vociferazioni, sul tenore delle già fatte, per chiamare alla insurrezione in massa, partí e dietro lui la turba che lo seguiva.
      – Cosa s'ha da fare? – chiese la Clelia smarrita.
      In quella comparve il padre suo, dottore Agostino Rizio: colla sua canna in mano, le gale allo sparato della camicia, il punta-petto in mezzo: tutto tal e quale come gli altri giorni.
      – Cosa nasce? – domandarono ansiose le donne.
      – Cosa?... – rispose lento il dottor Agostino, – c'è del torbido.
      – Ora uscirò io... andrò io a vedere, – esclamò risoluto Alessandro.
      – No! – grida Fiorenza.
      – Questi son momenti, – disse il padre d'Alessandro, guardandolo dall'alto della sua cravatta bianca, ma non senza commozione.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





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