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      – Dice... – e la povera donna aspettava perplessa, – cosa pensi! – ripeté, affine di sollecitare una risposta.
      – Cosa penso? – domandò finalmente il dottor Agostino fissando con occhio tranquillo e sereno la nuora che accennò di sí col capo... – ma, – riprese non senza stupore, espresso nel sobrio modo a lui proprio, sotto a cui peraltro si celava una grande vivacità... – ma cosa ho da pensare?
      – Cosa? – balbettò Fiorenza, disgustatissima del tono con cui il suocero prendeva una faccenda tanto seria, principiando a non riconoscerla; negando anzi, come negava l'Austria, che ci fosse una quistione veneta o italiana.
      – Non so cosa io abbia da pensare, – riprese imperturbabilmente il dottore Agostino, che intanto si atteggiava a fiutare una presa di tabacco, in guisa da non lasciarne cadere sulle gale della camicia e adombrarne il candore.
      – Credevo che si dovesse fare anche noi come gli altri... e...
      – E... – a questo punto si chinò, e fece finta di storcere il capo per fiutare la presa; ma invece guardò la nuora colla coda dell'occhio.
      – E partire, – concluse Fiorenza, che dopo di aver lasciata andare la parola, rimase in angosciosa aspettativa della risposta.
      Finalmente il suocero, dopo d'aver assaporate le fragranze nicoziane con suo grand'agio, le si voltò tutto d'un pezzo.
      – E perché, se è lecito?
      – Perché dicono che tornino i Tedeschi.
      – Dicono?... ah! va bene... – rispose con un sorrisetto un po' malizioso il suocero... – ma anche nel caso che tornassero, io non so perché si abbia da partire.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





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