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      CAPITOLO VDOPO L'ASSENZA
     
      Prima di buttar giú qualche scena relativa alla dimora d'Alessandro, dopo il suo breve esilio, io vo' dire una cosa. Una specie d'osservazione, che mi parrebbe giusta. Ed è che gl'italiani son gente d'immaginazione, i quali, lontani l'un dall'altro, dimenticando le mutue imperfezioni, si donano grandi pregi ideali ed abbelliscono, più che altro, quello che hanno perduto. Da ciò corrispondenze caldissime, e piene di passione nelle quali c'è molta verità, se si guardi alla foga che le detta, ma molta poesia relativamente all'essenza della cosa, tanto che al riavvicinarsi delle stesse persone subito se ne accorgono. Questo sentimento si riscontra anche nell'apoteosi, che apprestiamo ai nostri grandi uomini, quando son morti; ed è un sentimento d'indulgenza somma, che fa dimenticare i difetti, palliarli, tradurne le qualità in gloria sfolgorante, in divinizzazione... e, bisogna confessarlo, ciò è un segno evidentissimo di grande bontà nella razza umana in generale, e in ispecie nella nostra.
      A dir vero, varrebbe meglio essere un poco più pratici e meno poeti; aver compatimento, pazienza anco per la gente quando è viva, quando ci è vicina, e colla quale dobbiamo stare, e sopportare gli attriti quotidiani del consorzio domestico; ciò domanderebbe assai più virtú delle espansioni epistolari... perché in fin del conto, la vita da lontano non è, né può essere che allo stato di abbozzo. A completarla ti voglio! altro che lettere!... Detto questo, è da soggiungersi come, tanto e tanto, piuttosto che niente, anche rispettarsi idealmente, anco amarsi per la posta è pure qualche cosa.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





Alessandro