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      Fiorenza a Guido.
      Quel modo mi ripugna... dissi a mio marito di trovarsi con voi: lo supplicai di scrivervi, me gli gettai in ginocchio, mi respinse bieco: derise le vostre suggestioni. Io non lo conosco piú. Mio Dio!... qual dolore! come sosterrò la vita? come mi atterrò al mio dovere, io che non ho saputo cosa fosse dovere; tanto l'affetto era in me naturale come il palpito del core a chi vive... Rivoluzione tremenda!... a chi confidarmi, a chi domandare consiglio? Il padre non mi intende, egli, pel primo, avversa il proprio figliuolo...
      Perdonate, Guido, ma l'aver perduta la confidenza, la fede intiera di mio marito verso di me, gettami in tale uno smarrimento, che non so se la terra sia un deserto o un abisso di cui non trovi piú traccia. Mio Dio, se non è lui che mi protegge, chi sarà?
      Lunedí sera sull'imbrunire verrò a casa di mia madre. Pur troppo non posso dire ad Alessandro che là vi vedrò. Egli mi ha proibito di pronunziare il vostro nome davanti a lui. Non pertanto, senza ombra di timore, io vengo all'appuntamento. Alessandro è nobilissimo, mi lascia tutta la libertà, e dubiterebbe prima di lui stesso, che di quella che vi raccomanda di continuare a proteggerla, com'ella continua a fidare di voi, cosí da vicino, come da lontano.
     
      Di Alessandro a Rocco.
      Ti mando anonimo questo biglietto... una sola riga, una sola parola... l'armistizio è stato disdetto, già lo saprai... spero che sarete pronti. Pensa se non lo sono a Venezia... Qui tremano tutti, essi di rabbia, noi di giubilo; trema la terra.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





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