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      – Povera gente: il cervello gli gira.
      Allora, teorizzando, secondo il solito, il professore Alberto:
      – È il mezzo sapere, gli è lo spostamento sociale, la confusione delle caste!...
      Il conte bofonchiò, in tono rabbioso:
      – Già!... quattro pizzicagnoli, quattro villani rinciviliti, che soli tengono il mestolo di queste belle faccende!... han scossi i cenci, e vogliono comandare al mondo!... settari, carbonari...
      A cui il dottor Agostino:
      – Son le utopie della Giovine Italia, sogni di teste poetiche!... Quando si pensa che la gioventù presente s'è educata nei romanzi francesi!
      – L'Italia è fisicamente troppo debole, – disse lo scienziato: – se non si rifà come al tempo dell'Impero romano, è schiacciata dai due colossi che ha alle parti.
      E don Leonardo:
      – L'idea per sé stessa è nobile.
      – Ah! cosa mi venite fuori!... che idea! mi meraviglio di voi, – esclamò con iracondia, che attingeva alle sue segrete sventure, il conte Lorenzo. – Non ci credono nemmeno essi quei buli, che la predicano: è un pretesto per mettere a soqquadro le famiglie de' galantuomini.
      – Il Santo Padre, – disse un po' risentito don Leonardo, – egli stesso aveva scritta una lettera all'imperatore d'Austria, sollecitandolo ad accordare a questi paesi la indipendenza... egli stesso!
      – Vorrei un po' vederla, – interruppe il babbo Rizio, – questa libertà d'Italia e lascia fare ad essi a mangiarsi vivi l'un coll'altro.
      – "Tre fratelli, tre castelli" – mormorò il professore.
      – Che Babilonia! – riprese il dottore. – Bisogna ringraziar Dio che restino i Tedeschi.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





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