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      Fiorenza si trovò nel caso di sentir dentro di sé tutte queste impressioni, che insieme operavano nella sua anima, producendovi il medesimo effetto. E guardando ferma ferma, come incantata, a quella dolcezza di clivo, cosí verde, cosí fresco; cosí unito e diffuso a formar valloncello, ove parea che al suono di ignoti accordi avessero a comparir d'improvviso satiri e ninfe a danzarci in leggiadro oblío, si lasciò, senza avvedersene, trasportar fuori dal centro in cui si trovava, ad un ordine di pensieri dai quali violentemente era stata staccata nell'ultimo periodo di pochi giorni, e di cui solo allora pareva tornar conscia.
      Mentre ella si abbandonava ad una specie di riposo, del quale era vaga la sua anima contemplativa, e ci rimaneva come chi rivede un sogno già lontano, ma che nello svanire si fa più caro; nel mentre forse sorrideva, o atteggiava la fisonomia ad una pietosa espressione, Alessandro, attento, le venne vicino, e con un verso di Dante, disse scherzando:
      – "Che pense?"
      – Niente – rispose Fiorenza tranquilla.
      Di fatto non pensava a niente. Ma Alessandro avea già nel cuore un cruccio, un martirio; e quando un sentimento è stato svegliato e messo in attenzione, esso affina l'acume, e lo rivolge allo scopo che si è creato: esso legge nelle occulte latebre, e si rende conto d'ogni oscillazione di quell'anima, che vuol conoscere, tenere sotto la sua vigilanza, talché la intende, più che sé, quell'anima istessa.
      Fiorenza scosse il capo e si voltò alla compagnia, per non occuparsi che di quella.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





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