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      Guido avea per altro una tale autorità nel linguaggio: non ancora rimesso dal suo male, di cui tacque, ma appunto bello nel suo pallore, nel suo aspetto e in quel contegno di fermezza e di prudenza, e di quella protezione, che innalza la persona che n'è lo scopo: egli si fece con tanto calore a portar la causa di Alessandro, non nominando lui solo, ma chiamando l'altrui sollecitudine anche verso tutta la famiglia, tanto si adoprò che il generale fu vinto: e allorché mancava poco all'esecuzione, forse ore, uscí una sentenza che, riservando "il traditore congiunto alla Nemesi vendicatrice" (anco i generali austriaci hanno i loro momenti di poesia), visto il caso veramente pietoso e singolare, faceva grazia.
      I nostri poveretti stavano sospesi fra la morte e la vita, perché la lieta novella era giunta ad essi, portata da Guido, quando intesero una scampanellata furiosissima e d'una furia tutta allegria, come un suonar le campane a distesa. Corsero, precipitarono: videro uno spettro, un cadavere a cui era tornato il sangue a scorrere nelle vene: un uomo che si slanciò al loro collo con un'effusione, la quale non avea parole, ma singulti: cosí essi, tutti stretti a lui, non vi rispondeano con parole, ma con gridi, lagrime e baci.
      Nulla vi dirò delle feste, delle congratulazioni che seguirono a tal fatto. La casa continuò ad essere un porto di mare, quanto nei giorni della catastrofe, ma un via vai meno disordinato e meno lugubre: anzi lieto, per alcuni incidenti sopravvenuti, e dai quali si capisce, che quando non se ne può piú, Dio aiuta.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





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