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      «I possidenti - dice il generale Corsi - stettero duri al loro interesse e lo vollero intatto nella loro pienezza, come lo intendono loro, cioè col maggiore possibile profitto per essi, conservando ciò che è, respingendo le novazioni... I possidenti e gli affittatori avevano visto avvicinarsi la procella, ne avevano presentito gli effetti. In quelle situazioni in cui si trovavano per consuetudine antica di fronte ai lavoratori, più che sorpresi o stupiti, n'erano stati impauriti o irritati...» Un accordo avrebbe potuto e dovuto tentarsi; «ma le difficoltà da una parte e dall'altra(74) avevano troppo profonde radici: lo stacco era troppo grande e durava da tempi immemorabili; e da un lato vi era odio, dall'altro paura. I signori dunque credettero del loro interesse e della loro dignità di non dipartirsi(75) dallo antico costume, divenuto connaturale in loro: stettero fermi o si ritrassero o fecero appena un piccolo passo avanti secondo i luoghi, secondo gli umori, e, direttamente o per mezzo dei loro accoliti, accesero la stampa, assediarono i Prefetti, gridando minacciato gravissimamente l'ordine pubblico, peggiorate enormemente le condizioni della pubblica sicurezza, dando per flagrante tutto il male possibile, e chiedendo, come l'affamato il pane, carabinieri e soldati. A conto fatto, non sarebbe bastato tutto l'esercito italiano - nel periodo della forza minima - per rassicurarli tutti. Molti municipî erano a capo di questa che dobbiamo dire reazione, quelli, s'intende, nei quali prevalevano i proprietarî.» (Sicilia, p. 328, 331, 332).


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Gli avvenimenti di Sicilia e le loro cause
di Napoleone Colajanni
Sandron Palermo
1895 pagine 444

   





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