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      Ma al generale Morra di Lavriano erano le idee propugnate con sincerità che non piacevano, quale che ne fosse la forma: non per nulla egli rispecchiava le tendenze reazionarie di coloro che lo circondavano! Perciò côute que côute ne giurò la morte. E siccome voleva evitare lo scandalo di una soppressione, per nessuna ragione giustificabile, cominciò coll'arrestare il redattore-capo, avv. Crimaudo, e il collaboratore assiduo, barone Colnago; al direttore, principe di Cutò, si era dato lo sfratto da Palermo sin dai primi giorni dello Stato di assedio. S'ingannò il generale sui risultati dei suoi soldateschi procedimenti e il Siciliano, ad opera di giovani valorosi e coraggiosi - Benedetto Salemi(111) Enrico La Loggia, Aurelio Drago - continuò a pubblicarsi. Corse voce di un indegnissimo ricatto: cioè, si sarebbero posti in libertà Colnago e Crimaudo purchè il Siciliano avesse cessato le sue pubblicazioni.
      Questa voce fu poi smentita da un avvocato - che si diceva essere stato intermediario nelle trattative - con una lettera sibillina, ma certo è che delle proposte di quel genere ci furono, sebbene io mi rifiuti a credere che siano partite dal Regio Commissario straordinario ed è probabilissimo invece che ne sia autore qualche basso arnese di questura. Certo è che quella proposta venne sdegnosamente respinta dai redattori, sicuri d'interpretare la volontà dei compagni imprigionati.
      Onde, visto che erano inefficaci gli arresti, visto che non approdava la censura, visto che si respingevano sdegnosamente le proposte disonorevoli, fu decisa ed eseguita la soppressione del Siciliano.


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Gli avvenimenti di Sicilia e le loro cause
di Napoleone Colajanni
Sandron Palermo
1895 pagine 444

   





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