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      Molte autorità politiche e giudiziarie non ignoravano le condizioni di animo di coloro che si fecero accusatori dei proprî concittadini, ma anche quando sentivano pietà e forse erano tormentati dal rimorso, esse credettero di continuare nell'opera nefanda ubbriacati dai vapori della reazione di cui era saturo l'ambiente, timorosi della propria sorte se avessero osato venir meno alle istruzioni superiori, nella preoccupazione della carriera... Sicchè quando gli arrestati di Misilmeri con accento di verità, che non ammetteva replica, giuravano ai carabinieri di essere innocenti si sentivano rispondere: «Che volete? lo sappiamo che siete innocenti; ma pigliatevela colle vostre autorità locali amministrative, che vi hanno messo in lista.»
      Essere messo in lista! Equivaleva nei più tristi momenti della reazione ad essere arrestati, processati, condannati o mandati fra mafiosi e camorristi a domicilio coatto. Per simili motivi lo storico che farà, documentandolo, il processo ai processi innanzi i Tribunali di guerra di Sicilia nell'anno 1894, verrà a questa prima e dolorosa conclusione: in essi c'è la prova del completo asservimento delle autorità politiche e giudiziarie ai partiti dominanti in ogni singolo paese dell'isola!
      Agli accusatori sfacciatamente partigiani, odiosamente animati dal sentimento della vendetta dovevano corrispondere e corrisposero i testimoni, non racimolati - come si direbbe per disprezzo - nei trivî, ma comprati con oro sonante o reclutati tra le guardie di città e tra le guardie daziarie, cioè tra coloro contro i quali erano state fatte le più clamorose dimostrazioni e che tutto potevano essere, meno che sereni.


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Gli avvenimenti di Sicilia e le loro cause
di Napoleone Colajanni
Sandron Palermo
1895 pagine 444

   





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