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      Nell'aula non era già dato a chicchessia di penetrare. Gli agenti di polizia squadravano d'alto in basso, e negavano o accordavano l'ingresso secondo il loro talento, onde accadeva poi che una quantità di guardie travestite venivano comandate a far la comparsa di pubblico nell'aula grande, chè altrimenti sarebbe rimasta presso che deserta.
      Entravano liberamente Signori e Signore dell'aristocrazia e dell'alta borghesia, che avevano biglietti per posti distinti. Venivano volentieri a godere dello spettacolo di quel processo!
      Pure qualche volta accadde a una dama di commoversi; altre però fecero mostra di una durezza fenomenale.
      Una contessa, che ama le bertucce, un giorno scendendo per l'ampie scale, ebbe tanta gentilezza d'animo da dire, ridendo, che quegli uomini dentro la gabbia le erano sembrati degli scimmioni.
      E la cosa fu tanto orribile che un onorevole principe, il quale le stava a lato, disse a quella dama delle parole così severe che somigliavano a un rimprovero.
      Non ugualmente, da quei posti riservati poterono assistere sempre i congiunti degli imputati, perchè le spie assicuravano giudici e poliziotti che essi scambiavano segni misteriosi e pericolosi coi giovani baldi rinchiusi nella gabbia: - e non erano altro che dei saluti furtivi ed affettuosi!
      Forse, furono ritenute anche pericolose le lagrime che qualche volta, sgorgavano dai bruni occhi di Maria De Felice, proprio malgrado, quando il padre levavasi fiero e sorridente a protestare contro una calunnia, o a schiacciare cogli articolati stringenti un basso testimonio di accusa.


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Gli avvenimenti di Sicilia e le loro cause
di Napoleone Colajanni
Sandron Palermo
1895 pagine 444

   





Maria De Felice