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      Crispi colla presentazione del suo disegno di legge agraria. Se lo ha presentato, è segno che lo ritiene giusto e necessario, e se così è tutto il merito della sua iniziativa dev'essere restituito esclusivamente ai Fasci, che la propugnarono, che minacciosamente la chiesero e senza la cui azione non sarebbe venuta come non era venuta per trentaquattro! anni. Se quel disegno verrà ripresentato e trionferà, potrà il governo iniquamente continuare a mantenere in galera i capi e gli organizzatori dei Fasci dei lavoratori, ma esso stesso avrà loro innalzato un altare nel cuore dei contadini che alla loro agitazione e ai loro sacrifizî dovranno la terra tanto desiderata e invano per tanti secoli.
      E qui è opportuno ribattere qualche sofisma che le reminiscenze liberiste fanno spuntare anche in bocca di chi dal liberismo si mostra lontano, a dimostrare ancora che ciò che è avvenuto testè in Sicilia non è che un caso di una regola generale.
      Il Cavalieri, che ripetutamente ha invocato il savio intervento dello Stato, a certo punto si ricorda di essere conservatore in politica e torna liberista in economia per dare ingiustamente addosso ai Fasci. Egli dopo avere osservato, che da Giorgio III in poi senza bisogno dei socialisti la legislazione inglese promosse molte radicali riforme agrarie esclama: «non c'è bisogno di stringersi in una setta (?), di ordire costanti macchinazioni (?), di ricorrere alla violenza per fare trionfare nuovi canoni di distribuzione della ricchezza, che se son giusti, faranno certo la loro strada da sè.» (p. 64)


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Gli avvenimenti di Sicilia e le loro cause
di Napoleone Colajanni
Sandron Palermo
1895 pagine 444

   





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