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      Lo stesso governo borbonico piú volte legiferò e dette disposizioni amministrative per mitigare il mal fatto: ma sempre invano. D'onde una serie di contestazioni giudiziarie, che dopo ottantotto anni in alcuni paesi ancora durano e che hanno determinate molte insurrezioni agrarie; tra le quali celebre quella di Caltavaturo nel gennaio 1893. Meno male se l'usurpazione economica contro i lavoratori della terra e contro la collettività fosse stata compensata dalla loro emancipazione politica e sociale! Ma no: i lavoratori furono spogliati dell'uso delle proprietà feudali e rimasero servi!
      Non si creda a sentimentalismi ed a vaghe frasi di socialisti e di democratici: il fatto è stato dimostrato nella sua triste realtà da tutti gli storici e giuristi della Sicilia; tanto che Sonnino, ex ministro di Crispi e conservatore per eccellenza, constatò che l'abolizione legale del feudalismo nel 1812 e 1818 rimase senza effetti reali. «Quella ch'era stata fino allora potenza legale, egli aggiunge, rimase come potenza o prepotenza di fatto e il contadino dichiarato cittadino dalla legge, rimase servo ed oppresso».
      Giudizi documentati analoghi o piú severi se ne potrebbero raccogliere a centinaia; basta per tutti quest'ultimo dell'ispettore Alongi, che riassume fotograficamente i rapporti tra proprietari – piú o meno nobili – e contadini. «L'operaio e il contadino sono, secondo il gabelloto, una specie di animale inferiore spesso trattato peggio del suo cavallo da coscia. Egli non può capire, per esempio, perché i funzionari debbono occuparsi delle violenze gravi che un galantuomo fa ad un servo.


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La Sicilia dai Borboni ai Sabaudi
(1860-1900)
di Napoleone Colajanni
pagine 91

   





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