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      Il questore Lucchese, il generale Mirri ex ministro della Guerra, il senatore Codronchi in Sicilia si servirono dei mezzi mafiosi piú disonesti e delle persone notoriamente appartenenti alla mafia per far prevalere i candidati governativi; essi che tra i testimoni sono comparsi eroi nel processo di Milano per la franchezza e pel coraggio con cui accusarono il Palizzolo con lui, pur sapendolo o credendolo mandante di due assassini serbarono rapporti piú o meno intimi e stabilirono solidarietà elettorale piú o meno sfacciata. Al Palizzolo, che dall'ispettore Di Blasi si seppe essere stato il prediletto del prefetto Bardesono, resero servizi per ragioni elettorali; ai suoi mafiosi, come risulta dal processo, non negarono i favori e permisero che venissero compresi nella lista dei candidati al Consiglio comunale di Palermo. La lotta di un candidato che aveva contro di sé il Governo diveniva cosí talmente difficile, che anche i piú onesti che non volevano combattere colla certezza di soccombere, erano qualche volta costretti a ricorrere alla stessa mafia per controbilanciarne la partita. La mafia in queste condizioni guadagnava in simpatie popolari, come sotto il governo Borbonico, perché assumeva la parvenza di levarsi a difesa del debole e dell'oppresso.
      In forza di tutto ciò in Sicilia ne siamo a questo: i piú onesti, i piú corretti cittadini invocano la protezione, l'intervento del deputato in tutti i loro affari, perché sinceramente convinti che i loro avversarii – se ce ne sono – metteranno in mezzo persone influenti ai loro danni.


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La Sicilia dai Borboni ai Sabaudi
(1860-1900)
di Napoleone Colajanni
pagine 91

   





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