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      Corradino avendo fatto ancor lui dui squadroni, nel primo aveva messo romani e tutti li italiani e spagnuoli e altra gente, nel secondo con li stendardi era lui con tre mila uomini d'arme todeschi de la guardia sua e con il duca d'Austria, giovinetto coetaneo suo. Enrico senatore non era in squadrone alcuno, ma volse restare libero a discorrere qua e lá le provvisioni opportune e a qualunque bisogno de la battaglia.
      Vedendo il marescalco del re Carlo essere tempo di assaltare li inimici, fatto sonare le trombette a l'arme, spinse innanzi il primo squadrone e attaccò il fatto d'arme. Li fu risposto virilmente da li inimici, i quali fieramente ferendo li francesi, li diedeno la peggiore: onde cominciorno ad allentare. Il che vedendo il marescalco si fece innanzi lui in persona, reputato sí da li suoi come da li inimici essere il re Carlo. Era il marescalco molto fedele e valoroso cavaliere e per virtú e forza sua francamente combattendo fece grande occisione de li inimici, in tanto che sostenne tre ore continue la battaglia, che non si poteva comprendere qual parte avesse il vantaggio. Infine spinto da una gran furia di italiani e di spagnoli ristretti in un globo, fu rotto e buttato per terra e ultimamente dappoi molte sue prodezze e difensioni fu morto. Il rumore si levò per il campo il re Carlo esser morto e la impresa vinta, onde quelli di Carlo volti in fuga e disordine si miseno per rotti: per la qual cosa quelli di Corradino, come vittoriosi e allegri, cominciorno a rubare e spogliare e godere il frutto de la vittoria con molti segni e gridi di letizia.


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Compendio de le istorie del Regno di Napoli
di Pandolfo Collenuccio
pagine 444

   





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