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      E tutti nondimeno, eccetto uno, furono intercetti.
      Era Alfonso in un loco chiamato Villa Iuliana tre miglia lontano da Aversa e per essere il dí di Natale, si trovava a la messa, la quale solennemente secondo l'usanza faceva celebrare, quando quell'unico messo che era passato li presentò la lettera di sí spaventoso avviso. Non si mosse il re, come religiosissimo che era, sperando in Dio, sinché non fu finito il sacrificio, quantunque li inimici, che di notte non avevano potuto giungere, scoperti dal sole fussino poco poi il messo giunti a la chiesa e avessino levato il rumore, e quelli pochi del re che si trovavano in arme facessino quella difesa che allora era possibile; in modo che celebrato il sacrificio, a pena ebbe il re spazio di levarsi, e posto in fuga si ridusse in Capua, avendo però tutti li carriaggi perduti, se ben altro danno di piú importanza non fusse, che l'argento che a la mensa e a l'altare si adoperava. Liberato dal pericolo di questa prodizione Alfonso, li inimici rimaseno tra loro piú discordi che mai, in modo che 'l dí medesimo Iacopo Caldora si ridusse a Napoli e il patriarca a Montesarchio, ove avendo aspettato molti giorni, né venendo il principe di Taranto secondo la promessa li fece, come è detto, da Montesarchio passò in Puglia e tentò di pigliare Trani: il che non li succedendo, lasciato le genti d'arme al governo di Lorenzo da Cotignola a Bisegli, per mare sopra una galea se ne andò a Venezia e di lí a Ferrara ad Eugenio pontefice, che li allora si ritrovava.


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Compendio de le istorie del Regno di Napoli
di Pandolfo Collenuccio
pagine 444

   





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