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      Vedendo finalmente il re, Fano per rispetto del soccorso di mare non potersi assediare e per la recuperazione del resto de la Marca bastar li bracceschi, deliberò tornare nel regno; e partito con l'esercito voltò a la via di Fermo, ove su la porta assaltato da Alessandro Sforza, fece un aspro fatto d'arme. E ributtati per forza ne la terra li sforzeschi, andando al suo cammino racquistò a la Chiesa tutte le terre che sono tra Fermo e Ascoli per via: passato il Tronto, recuperò Teramo e Civitella, che il conte Francesco Sforza li aveva tolto in Abruzzo. Poi distribuite le stanze a le sue genti, e lasciato a lor governo e de le terre di Abruzzo Giovan Antonio conte di Tagliacozzo, Paolo da Sanguine e Iacobo da Mont'Agano, a Napoli con somma reputazione e gloria si ridusse; non mancando però di mandare sempre supplimento di gente ne la Marca, con tenerli ancora un'armata di otto galee, la quale stando al porto di Fermo tutta la riviera de la Marca scorreva, con mandarli ancora in diversi tempi Mannabarile, Cesare da Martinengo, Ramondo Boillo, Giovanni di Ventimiglia, che la impresa continuassino.
      Fece poi pace con li genovesi l'anno 1444 a dí 7 di aprile, essendo lor duce Raffaele Adorno. Le condizioni furono, che le cose perdute fussino perdute e niuna de le parti potesse ricettare o dare aiuto a li inimici de l'altra, e i genovesi, sin che Alfonso vivesse, fussino obbligati darli e portarli a Napoli un bacile d'oro per onoranza. La qual pace però non fu lunga, perché non volendo Alfonso accettare quel bacile se non a dí e a loco determinato, ove Alfonso invitati tutti li baroni a la corte e il popolo, aspettandolo in sedia regale, quasi ad un spettacolo trionfale lo riceveva, a tanta indignazione si commosseno i genovesi, che innanzi passassino quattro anni, non volseno mandarli piú il bacile, e durante il nome di pace di rubarsi per mare l'un l'altro non cessorono.


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Compendio de le istorie del Regno di Napoli
di Pandolfo Collenuccio
pagine 444

   





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